Lago di Mergozzo 2/12/23

 Periplo del lago di Mergozzo

Partiti alle 17 e più, arriviamo a Mergozzo verso le 19, al parcheggio camper. Cena in una birreria sul lago, piatti semplici e birra rossa. Quattro grandi oche bianche gironzolano sul lungolago ai piedi del grande e vecchio olmo che è l'emblema del paese. Una delle oche accusa la deformazione dell'ala d'angelo, dovuta ad alimentazione scorretta, eccessiva, specialmente il pane bianco.
Dormiamo cullati dal via vai dei treni della ferrovia vicina, ogni treno sembra una folata di vento, non disturba. Al mattino portiamo il vecchio Bourbon zoppicante fino al lago, dove beve l'acqua bellissima di questo lago, chissà che lo faccia ringiovanire. È felice, è da tanto tempo che non fa un chilometro di seguito. Poi torniamo al camper. Ci prepariamo e partiamo, dopo un cappuccino al bar, per il giro del lago in senso antiorario. Si va quindi a destra, sulla sponda che e' in ombra. Le case e ogni edificio sono fatti con la pietra locale, un granito non bellissimo, ci sono numerose cave in tutta la zona. Seguiamo il sentiero azzurro , la segnaletica è poca e discontinua ma insomma si tratta di girare intorno ad un lago....
Ci si alza subito di 50 o più metri, la sponda non la si vede mai, ma il sentiero è in gran parte lastricato e scorre in mezzo a castagni, ci sono pochi punti panoramici, si vede l'altra sponda e a tratti sotto di noi la ferrovia. In un' oretta arriviamo alla parte opposta del lago, rispetto a Mergozzo.
Qui la sponda e' molto bella, piana, pulitissima, sabbia chiara fatta da granelli di plagioclasio staccato dal granito di superficie, meno compatto, canneti ora secchi, puliti. Camminiamo per un lungo tratto con i canneti a sinistra, in una fascia di enormi ontani neri e a destra il campo da golf, molto frequentato. Si attraversano poi , sempre stando sulla sponda, una serie di campeggi per fortuna deserti. Giunti sulla sponda opposta della valle che contiene il lago, dopo un breve tratto di ciclabile si traversa la strada con qualche rischio in caso di traffico per prendere uno stradino poco evidente che sale deciso tra le betulle per 50-100 metri di dislivello. Siamo in pieno sole, i pochi scorci verso il lago sono impediti dalla vegetazione e penalizzati dal fortissimo controluce. Ma il sentiero è bello e vario, la terra è nerissima, la pietra è ben diversa di quella dell'altra sponda. Traversiamo piccoli ruscelli, nei muretti umidi il polipodio spunta rigoglioso. Una interruzione del sentiero ci fa salire molto e arriviamo a Bracchio, una frazione di Mergozzo. Si scende poi fino alla sponda del lago, un bellissimo scorcio ci mostra in fondo il porticciolo di Mergozzo.
Avvicinandosi al paese su questa sponda aprica si incontrano alcuni terribili palazzotti e nuove villette, alcune ancora in costruzione. Lo scempio e lo spreco del terreno continuano anche qui a rovinare per sempre un angolo di rara bellezza.
Torniamo a passare sotto il grando olmo malridotto poi torniamo al camper. Pranzo e si torna a casa.
Il lago è piccolo ma molto bello, non ci sono industrie intorno e la sua acqua è forse la più pura d'Italia, parlando di laghi. La lunghezza massima del bacino è di circa 2,5 km, la larghezza di poco più di un chilometro, mentre la circonferenza misura circa 6 km.

Da Wikipedia:
"In tempi antichi il lago rappresentava l'estrema punta del braccio occidentale del Lago Maggiore, il cosiddetto Sinus Mergotianus. In passato, tuttavia, il lago era più esteso ed elevato. Da circa cinque secoli, le continue inonda
zioni e alluvioni del fiume Toce hanno formato un lembo di terra che ha diviso i due bacini (Lago di Mergozzo, appunto, e Lago Maggiore) e sul quale è nata la frazione di Fondotoce, appartenente al capoluogo Verbania. "
Lago a parte, la zona è molto bella, abbiamo visto molti escursionisti partire o arrivare a Mergozzo e dintorni.
Ci torneremo.   

Qualche foto qui

8-9-10 dicembre 2023  sei giorni dopo, ci torniamo.

Nonostante il tempo previsto freddo e piovoso decidiamo di tornare a Mergozzo per approfondire alcuni argomenti che ci paiono interessanti.
Partiamo giovedì sera, famiglia al completo due homo e due canis, pizza strada facendo a Gattinara, birra bionda e piccola. Torniamo a dormire al parcheggio camper a Mergozzo. Al mattino, festa dell'Immacolata, pioviggina un po', facciamo un giretto in centro a Mergozzo. Come al solito guardo le pietre delle case e dei selciati, un bel miscuglio di graniti vari, alcuni colorati provengono da paesi vicini, come il granito rosa di Baveno, altri hanno una grana bellissima benché siano pezzi del tutto anonimi, incastrati in un vecchio muro.
Ok, l'argomento sarà il granito. 

Qui intorno sono molte le cave, in particolare la frazione Montorfano, appoggiata al monte omonimo, è famosa per le numerose cave di granito bianco. Cave sfruttate da tempi antichi e che dal 1500 fin'oltre la metà del secolo scorso hanno dato lavoro e prosperità a questi paesi. Il monte che sta sopra la frazione è di fatto un 'plutone', un ammasso di magma omogeneo che ha avuto la fortuna di venire quasi a galla, per vulcanismo, dal mantello terrestre. Il magma, come una grande polenta bollente, è rimasto ben sotto la superficie e per innumerevoli anni, ben protetto, si è lentamente raffreddato. In così tanto tempo e con temperature altissime e calanti gli elementi hanno potuto organizzarsi, spinti da forze misteriose, raggruppando ogni  molecola con le altre sue simili. Lentamente, ogni elemento a temperatura diversa, formando cristalli di quarzo, di ortoclasio, plagioclasio, silicati di sodio calcio magnesio, mica (i pacchetti di lamelle nere, biotite), ognuno secondo le sue regole di cristallizzazione. E ancora ogni cristallo minerale equamente distribuito fino a formare un impasto granulare e omogeneo di chilometri cubi, non è  grandioso tutto ciò? Le regole di formazione dei cristalli sono di estrema complessità e varietà, si basano nientemeno che sulle forme delle molecole, che a loro volta dipendono dagli atomi, che a loro volta .. da elettroni, nuclei, protoni, neutroni,  che a loro volta... da quark, gluoni .... e qui ci si perde perché comincia la meccanica quantistica, e di questa sappiamo che funziona, e la usiamo tutti i giorni in tanti modi, ma nessuno riesce a spiegarla. Nessuno ha mai visto il fondo della Cornucopia dalla quale scaturisce tutto, ma proprio tutto.

Torniamo allora alle cave di granito, un lavoro immenso, di secoli. Fino al 1700 circa per staccare i grandi massi dalla montagna si usava il legno, sembra incredibile. Beh prima si disboscava, poi si toglieva un primo strato di roccia di scarsa qualità, chiamato "caplasc" cappellaccio per chi non sa il dialetto, fino a mettere a nudo il granito buono, sano, compatto e molto duro. Sia per il caplasc che poi per staccare i blocchi di granito si facevano file di profondi buchi, a forza di martello e scalpello, poi li si tappava con ciocchi di legno di betulla o altro, poi si bagnava il legno che assorbiva acqua anche in profondità e gonfiando faceva spaccare la pietra lungo tutta la fila di buchi. Un metodo eccellente se erano messi bene i vari fori, ma molto lento.
Dal 1700 in poi è stata usata la polvere nera, serie di fori anche molto profondi fatti con barramine e un grosso martello, le micce, le esplosioni, un metodo pericoloso ma efficace e molto più veloce che però faceva spesso sprecare una gran quantità di granito fratturato in pezzi piccoli. In tempi moderni, negli ultimi 50 anni, si usa tagliare il granito con un filo metallico diamantato, rotante, con pochi sprechi di materiale. Ma è ancora usato il metodo con l'esplosivo, facendo una serie di buchi con un perforatore multiplo ad aria compressa e poi piccole calibrate cariche di esplosivo. 
La massima attività di queste cave è stata nel 1800, quando a Montorfano si sono viste ben 39 cave attive tutte insieme. Era un lavoro duro e pericoloso, chissà quante esplosioni rimbombavano nella valle ogni giorno. Poi c'era la difficoltà di portar via i grossi pezzi di pietra, questi venivano imbrigliati e calati in vari modi lungo ripidi scivoli creati apposta fino a portarli alla base della montagna. Il granito di Montorfano era molto ricercato, lo possiamo trovare oggi salendo le scale della Stazione Centrale di Milano, dove ha resistito bene alla consunzione di milioni di passi. In molte città del nord Italia basta guardare il selciato dei marciapiedi o i cordoli, o i cantoni dei palazzi, ovunque si veda granito chiaro è certo che viene da qui. Molti pezzi venivano lavorati direttamente in cava o comunque in paese, sfruttando l'abilità e la competenza di generazioni di scalpellini (picasass) . Per una chiesa di Roma, la basilica di San Paolo fuori le mura, furono fatte 82 grandi colonne. Come si portano tutte quelle tonnellate di roccia fino a Roma? Una delle fortune di queste cave, oltre l'ottima qualità di questa pietra, è la vicinanza all'acqua, al lago Maggiore, quindi al Ticino, ai Navigli, al Po, al mare e potenzialmente a tutto il mondo. Le 82 colonne viaggiarono sull'acqua dolce fino all'Adriatico poi per mare girarono intorno all'Italia fino a Roma. Non solo granito bianco, inglobata totalmente dal granito bianco c'è anche una massa, una vena, di granito verde, il nome corretto sarebbe diorite, apprezzatissimo per gli effetti che produce se lucidato. Il colore è dovuto alla presenza di molta clorite, ora l'unica cava di granito verde non è più attiva, come forse tutte le altre.
Se di granito ce n'è ancora molto, e la qualità è ottima, perché si è interrotta l'attività delle cave? Ora si importano pietre e marmi da tutto il mondo, milioni di tonnellate di pietra bellissima ma anche mediocre hanno attraversato gli oceani per essere messe in opera in Italia e in Europa. È una cosa che non ha senso, eppure economicamente costa meno. L'ala lunga e mortifera della globalizzazione è arrivata a fare ombra su queste cave storiche, vissute attive e floride per 500 anni e soffocate ora in pochi anni di crescita economica iperbolica quanto illusoria.

Oggi pioviggina ma domani andremo a visitare Montorfano.

Speravamo di visitare il museo di Mergozzo, ma anche oggi è chiuso e forse anche domani.
Il tempo è coperto e fa freddo.
Al mattino, dopo il cappuccino al bar dove ormai siamo conosciuti, la cagnetta Brandy conquista tutti, riprendiamo il sentiero azzurro già percorso domenica scorsa fino alla frazione Montorfano. Poche case su una piccola conca amena, visitiamo la chiesetta romanica, chiusa, e il belvedere cinque minuti più in là. Da qui si vede il Toce che sfocia nel Lago Maggiore e buona parte del lago con le sue isole. Uscendo un po' dal sentiero mi sono affacciato dall'alto a vedere una grande cava di granito, vertiginosa, spettacolare, non sembra ancora attiva, ma forse sì, nella piana sottostante sono allineati enormi massi bianchi. Un posto notevole questa frazione, alle spalle ha un ripido pendio roccioso che sale alla vetta del Montorfano, costellato dalle ferite di antiche cave, e davanti la vista profonda sul lago Maggiore.

Da Montorfano c'è un sentiero che sale alla punta del monte, che offre una vista spettacolare dei dintorni. Con una piccola deviazione si può raggiungere una palestra di arrampicata dalla quale, parimenti, c'è una vista mozzafiato sul lago di Mergozzo, ma l'abbiamo saputo dopo...
A ritroso sul sentiero azzurro in  un'ora torniamo al camper dove, leggendo e dormendo, aspetteremo domani condizioni meteo più clementi.

In effetti oggi c'è il sole, ma le pozzanghere hanno un velo di ghiaccio. Il museo è sempre chiuso, ci limitiamo a ripercorrere un tratto della riva del lago, verso sinistra, dove il sole scalda un po'. Ci concediamo una pizza con la birra di Natale, poi si torna al camper, intanto su una cartina abbiamo adocchiato un sentiero che attraversa al centro la favolosa e selvaggia Val Grande...( la zona selvaggia più estesa delle Alpi e d'Italia. Wikipedia). Chissà, prima o poi...

 Alcune foto qui.



 

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