061 Belgioioso - Piacenza 5/10/13
5 e 6 ottobre 2013
1° giorno: Belgioioso - Orio Litta 24 km
2° giorno: Orio Litta - Piacenza 21 km
Questa è la seconda camminata di questo gruppetto
eterogeneo con evidenti tendenze
masochiste. C’è stato qualche cambiamento, mancano alcuni dei lontani o chi aveva
impegni diversi, fattostà che siamo in
tanti, forse 14.
Partenza in treno da Vercelli, mattino presto, cambio treno
a Pavia ancora assonnati. A Belgioioso ci accoglie, puntuale, la pioggia ed il
suo compagno fedele il vento. Pochi
passi e subito in chiesa a timbrare la Credenziale e poi si parte davvero. Pioggerella,
freddo, dopo l’una ci fermiamo per
mangiare in uno spiazzo in periferia di un paesino (Mirandolo Terme? ), non c’è
neanche da sedersi, per fortuna le munizioni da bocca portate dalle varie
nutrici sono come sempre vivificanti.
A Chignolo Po
sfioriamo un formidabile castello. L’assessore, che passa in auto, vedendo un
simile gruppo di pellegrini ci dona un bel libro sulla storia del
paesello (il libro rimane a me, non so
come condividerlo con gli altri). Cominciamo ad essere stanchi, poco dopo ci
raggiunge il sindaco di Orio Litta, preavvertito del nostro arrivo ci è venuto
incontro in velocipede. Ancora un’oretta
e poi guidati dal primo cittadino scopriamo
il piccolo paese davvero gradevolissimo. Visita guidata a Villa Litta una villa
patrizia dalla interessantissima storia che ci viene presentata dall’attuale graziosa
proprietaria.
Siamo stanchi, ma la doccia calda compie il solito miracolo (anche
se le docce, in verità, distano mezzo chilometro, a+r ) poi si va a cena in una
piccola osteria, il vino è buono e facilita gli scambi conviviali con un
gruppetto di quattro francesi (due gruppi, 3 + 1). Oltre al timbro del Comune di Orio Litta raccogliamo anche il
timbro della trattoria, Barbara è felice.
Dormiamo (su sontuose brandine) nientemeno che nella sala
del Consiglio Comunale, bellissima struttura di una vecchia cascina.
Il mattino dopo, fedele, la pioggerella ci attende, un lungo
tratto in campagna ci porta fino a Corte S.Andrea dove bisogna attraversare il
Po. Attendiamo il traghettatore Danilo
che deve fare due giri per portare al di là tutto il gruppo. Anche con la pioggerella
e il vento il Po, comunque, ha sempre un
gran fascino.
Ci sorbiamo la tiritera simpatica e accorata di Danilo che
ci racconta di come s’è costruito il suo ruolo di traghettatore, e interessanti particolari del Po e di come
variano continuamente l’alveo e le sponde fin oltre gli argini enormi. Timbro della credenziale e firma dell’enorme registro
di Danilo.
Si riparte con il dubbio circa l’attraversamento del Trebbia, guado o non guado? Il guado è fortemente sconsigliato da Danilo,
dice che prima del guado c’è un lungo tratto con i rovi… L’alternativa al guado è un giro più lungo di
2 km, e noioso.
Ma l’idea di un guado con le scarpe in mano con vento freddo
e pioggia forte è un’attrattiva irresistibile, anche se non per tutti. (ve l’avevo detto che son masochisti..)
Intanto anche la fame si fa sentire e ci fermiamo a
mangiare, in un posto assurdo, all’aperto, senza posto per sedere, tutto è fradicio
e gocciolante e tira vento ed è buio come la notte.
Bene, si riparte alla ricerca del guado, che è anche
difficile da trovare… Barbara ed io andiamo in avanscoperta ed intanto il
gruppo si divide in due: i guadanti ed i non guadanti. Trovato il guado
Barbara prova ad attraversare per capire quant’è profonda l’acqua… trenta metri
ed è di là, il dado è tratto.
Torno indietro a fare strada al gruppo dei guadanti e c’inzuppiamo
ben bene tra le erbe alte..
Il guado trascorre senza particolari problemi ma adesso, dopo un quarto d’ora per rinfilarsi scarpe e calze nel vento con pioggia orizzontale che aiuta molto e sui sassi coperti di limo della sponda del Trebbia, viene il bello.
L’alveo del Trebbia è molto ampio e dopo
questo guado non c’è traccia di sentiero , girovaghiamo con la cartina zuppa e
inutile in mano, in varie direzioni in mezzo alle ostili e alte vegetazioni di
questi luoghi di sponda che grondano acqua al solo guardarle. Solo dopo mezz’ora abbiamo la quasi certezza di
essere usciti dall’alveo e nella direzione giusta. Sempre sotto la pioggia raggiungiamo la
periferia e poi il centro di Piacenza dove in un bar ci aspettano, anche loro fradici e stanchi, gli amici che non hanno fatto il guado.
Bar pieno all’inverosimile, cioccolata calda, e si riparte a
caccia del timbro per la Credenziale nella cattedrale oggi piena di extracomunitari.
Si va alla stazione dove un treno per l’Emilia ci porta via
Luisa, nell’attesa di quello per Milano chi ha ancora qualcosa di asciutto si
cambia, gli altri no.
A Milano un’altra attesa,
poi alla volta di Vercelli, poi a casa in auto.
E due!
Iscriviti a:
Post (Atom)