118- Verdon 3/6/11

Dal 2 al 5 giugno 11


Nel Verdon c’ero già stato tanti anni fa, una visita frettolosa e assai parziale. Questa volta pur nel breve tempo di soli due giorni abbiamo potuto conoscerlo e goderlo nei suoi aspetti migliori.

Dopo il primo giorno di puro viaggio, in camper, siamo arrivati ed abbiamo dormito a Les Salles sur Verdon.

Al mattino, comprate le baguettes, chiediamo informazioni all’ufficio turistico per percorrere il Sentiero Martel, una pista che segue un buon tratto del canyon dove scorre il Verdon. Il Sentiero Martel è forse la più conosciuta escursione turistica-sportiva delle gole del Verdon, non presenta difficoltà tecniche ma è lungo e abbastanza impegnativo.

Sono circa quindici chilometri in fondo alla gola con qualche tratto attrezzato con scalette di ferro ed alcune gallerie, l’ambiente è selvaggio e spettacolare, il sentiero è ben tracciato ed il tempo di percorrenza è di sei o sette ore.

La signora dell’ufficio turistico ci dice che per oggi e domani non se ne parla, le piogge recenti e quelle copiose in previsione rendono sconsigliabile il Sentiero. Alle mie insistenze mi mostra su internet le previsioni per oggi che danno infatti forti piogge nel pomeriggio, e non smette di ripetere “c’est deconseillè, c’est deconseillè”.

Rassegnati partiamo comunque col camper verso La Palud, mentre i nostri amici optano, anch’essi in camper, per la Corniche , un giro intorno a tutte le sponde del canyon che offrono viste spettacolari.

Appena giunti a La Palud chiediamo ancora all’ufficio turistico locale informazioni per il Sentiero Martel, una signora più possibilista ci dice che è comunque tardi per cominciare il sentiero, optiamo per percorrere a piedi la route des cretes, un anello di 23 chilometri che si alza moltissimo e percorre la cornice del canyon sulle creste più alte.

Detto fatto si parte con uno zaino in due e normali scarpe da passeggio.

Dopo qualche chilometro ci rendiamo conto di aver cominciato l’anello dal lato opposto, e sarà la nostra fortuna. Un’ora più tardi siamo sull’orlo del canyon ed è veramente grandioso, il Verdon scorre verde azzurro 500 metri sotto di noi, le impressionanti pareti di calcare vengono a tratti accese e spente dal sole che si alterna continuamente con le nuvole. I colori principali della roccia sono 3 : grigio cemento, giallo ocra e nero profondo a seconda del tipo di erosione e dei licheni che si adeguano al microclima e all’umidità. Sul fondo vicino al torrente, ma anche nelle nicchie lungo le pareti, ci sono grandi macchie verdi, sono querce gli alberi più grandi e bosso i cespugli minori. A tratti è un bosco continuo di bosso, con esemplari di sette otto metri. Anche qui intorno alla strada dove camminiamo ci sono moltissimi cespugli, tutti di bosso, il vento ci porta di continuo il loro caratteristico odore.

Continuiamo il cammino disturbati solo un po’ dalle poche auto e moto che percorrono questa strada fermandosi in corrispondenza dei balconcini panoramici.

Dopo 2 ore e mezza arriviamo allo Chalet de la Maline, punto di partenza del sentiero Martel. Ci fermiamo pochi minuti, beviamo una coca cola e riempiamo le tue mezze bottiglie d’acqua ( che erano praticamente piene, sapendo di aver poca acqua fin qui non avevamo bevuto). Da qui possiamo proseguire sulla strada asfaltata completando i 23 chilometri dell’anello della route des cretes… ma siamo tentati dal sentiero Martel, è qui sotto e ci attira come una calamita.

Meditiamo sul da farsi.

Il tempo è sempre variabile con un po’ di sole che va e viene e qualche tuono non molto lontano, sono le 15 e un quarto, se è vero che il sentiero dura sei ore ne usciremmo alle 9 di sera. Con poche speranze di trovare l'auto navetta per portarci a La Palud ed al camper. Stimo che da Point Sublime, dove finisce il Sentiero, ci siano sette km fino al camper, da fare a piedi. Dunque 8 li abbiamo fatti fin qui, il Sentiero è di 15, altri sette per arrivare al camper… , non male se si pensa che sono le tre passate. Mettiamo in conto anche il fatto che il Sentiero ci è stato fortemente sconsigliato per il tempo minaccioso e per l’ora tarda, e di certo non ci sarà nessuno laggiù vista l’ora.

Usciamo dal rifugio e stiamo per riprendere la strada asfaltata ma vediamo due signore con un cane che prendono invece un sentierino che si abbassa in mezzo alla macchia di bosso… Barbara dice “se vanno loro possiamo andare anche noi”, detto fatto siamo sul Sentiero. Scopriamo presto che le due signore stanno facendo solo due passi e torneranno subito indietro, ma per noi… il dado è tratto!

Per qualche minuto mi godo il piccolo brivido di quando comincia una probabile avventura. Pioverà? È davvero impegnativo il sentiero? Siamo ben poco attrezzati, usciremo col buio? farà freddo là sotto fra qualche ora? Il cane, la piccola Tequila, rischia qualcosa? Ci sono passaggi esposti, scivolosi? Corde fisse?

Quale unico maschio e più esperto della compagnia sento un po’ di responsabilità in questa decisione, che poi decisione non è, da quando siamo giunti in vista dello Chalet de la Maline ho guardato il cielo (il tempo) e la discesa al Verdon e ho saputo che la nostra strada era quella. Mi tranquillizza ancor più il fatto che con Barbara potrei andare dovunque.

E allora giù! comincia con una discesa di seicento metri il sentiero Martel, e in fondo vediamo finalmente vicino il Verdon.

Il sentiero scorre tutto poco sopra il torrente, a volte si alza anche molto, cinquanta o cento metri, poi ridiscende senza mai arrivare proprio sul greto, che comunque è in qualche tratto facilmente raggiungibile. Durante questa prima discesa incontriamo varie persone o gruppi che stanno faticosamente risalendo, c’è un gruppo d’italiani e chiedo loro a che ora sono partiti, ma mi dicono che sono andati solo fino ad un certo punto, ed ora stanno ritornando. Poi dopo un po’ non troviamo più nessuno. Ma facciamo un incontro notevole indimenticabile: una pattuglia di legionari! Non so leggere i gradi ma quelli erano della Legione straniera ne sono certo. Eravamo in un tratto di sentiero stretto dalla vegetazione, tanto che i legionari si sono fermati per farci passare, ricordo benissimo che due o tre canne di mitra mi hanno sfiorato la maglietta all’altezza dello stomaco. Erano una dozzina almeno, camminavano in fila molto vicini come non fanno i civili, in divisa, armati, di razze diverse e due o tre erano neri, ma tutti simili come fisico, abbronzati come chi sta sempre all’aperto, non tanto alti ma squadrati e solidi, dei pezzi d’uomini come è raro vederne tutti insieme. Cortesemente ricambiano il nostro bonjour, ma la piccola Tequila (che non è famosa per il suo coraggio) si è spaventata e ho dovuto richiamarla e trattenerla perché voleva tornare indietro per non passar loro troppo vicino. Crediamo siano qui per qualche esercitazione, infatti più tardi quella sera ed il giorno dopo da La Palud sentiremo forti esplosioni e colpi d’arma che provengono dalle Gole del Verdon e sembrano tuoni lontani. I nostri amici ci diranno di aver incrociato dei camion militari.

Dopo un paio d’ore facciamo l’ultimo incontro: due spagnoli sui trent’anni arrivano dal basso trafelati sul sentiero, hanno sbagliato strada ! ci chiedono quanto ci abbiamo messo da La Maline e quanto pensiamo che manchi al Point Sublime, l’arrivo, poi decidono per tornare verso La Maline, sono stanchissimi.

Intanto camminiamo sempre col naso all’aria, le pareti sono sempre più spettacolari, il sole che compare a tratti riscalda i colori , poi dopo un po’ un nuvolone raffredda tutto, aria e colori della pietra. Ma non piove nonostante qualche tuono lontano.

E’ grandioso! Si cammina ore ed ore ed il canyon continua aprendo sempre nuovi scenari uno meglio dell’altro. In alto a momenti si vedono volare i grifoni, avvoltoi solitari o a volte in gruppi di sette o più.

Beh , riporto qui una breve descrizione del sentiero :

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Il Sentiero Martel è l’itinerario più famoso e frequentato del Verdon

Dallo chalet della Maline si prende il sentiero che si abbassa in diagonale con scorci sulle Gorges.

Lasciato a destra il bivio per il sentiero dell’ Imbut si giunge presso il Verdon con il sentiero che si snoda lungo il fiume e lambisce alcune spiagge per poi rialzarsi a mezza costa e attraversare il tratto più impegnativo del tracciato (cavo metallico)(scivoloso).

Dopo si ritorna vicini al fiume e dopo una breve salita si arriva al bivio della Mescia, da qui si sale ancora a zig zag ripidi che portano al passo della Breche d’Imbert da dove una ripida scala di ferro in discesa porta di nuovo in basso al torrente con il sentiero che piacevolmente passa a mezza costa sotto ai “nidi di rondine”.

Da qui in poi si alternano tratti in piano e zig zag in salita che passano sotto a numerose falesie e pareti altissime.

Dopo un tratto nel bosco sale prima in diagonale poi procede in piano per arrivare al belvedere di Trescare e ammirare le pareti dell’escalè .

Qui iniziano delle gallerie (buie ) anche lunghe che passano dentro alle pareti e di tanto in tanto sbucano vicino al fiume. Infine una scalinata porta sulla riva del fiume e con un ponticello si attraversa il rio Baoux da dove in breve si giunge al posteggio delle auto sotto all’abitato di Point Sublime. (6-7 ore/ 15Km) (scarsità d’acqua) DISLIVELLO IN DISCESA 800 M. IN SALITA 350 , CIRCA. 

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In alcuni tratti ci sono corde fisse o scalette metalliche, i cui gradini a griglia sono l’incubo della giovane Tequila che proprio non ci vuole mettere le zampe. In qualche punto siamo costretti a prenderla in braccio per evitarle rischi.

In particolare la serie di scale metalliche (più di duecento scalini in discesa) quasi verticali sono impraticabili per qualunque cane, trovo strano che questo fatto non sia segnalato, se qualcuno arriva qui con un cane un po’ pesante voglio vedere come lo fa passare.

Verso la fine ricominciamo a trovare qualcuno, molti fanno brevi passeggiate poi tornano indietro. L’ultima parte è caratterizzata da due gallerie scavate nella pietra larghe tre metri e alte poco meno, totalmente buie. La prima è di sessanta o settanta metri, ma la successiva è di più di seicento, buio pesto ! per fortuna il fondo è abbastanza regolare , anche se con molte pozze d’acqua. Meno male che Barbara ha portato la pila, sempre previdenti le donne.

Quasi alla fine di quest’ultima galleria si apre una finestra laterale che dà sul Verdon che scorre poco sotto, qui ci sono una dozzina di arrampicatori che si cimentano con un “tetto” allucinante di una quindicina di metri, ed altre vie che immagino similmente proibitive.

Superato l’ultimo tratto di galleria si scendono alcune scale di metallo e si arriva a toccare il greto del Verdon, salendo un po’ si arriva alla strada asfaltata, il Sentiero è finito qui. Telefoniamo agli amici che fortunatamente sono in zona.

Ancora cento metri di dislivello in su e arriviamo a Point Sublime dove i nostri amici sono venuti gentilmente a prenderci. Sono le sette e mezza, ci abbiamo messo circa 4 ore.

Io che ho sudato parecchio ho patito abbastanza la sete, dopotutto nelle ultime sette ore abbiamo fatto 23 chilometri faticosi ed ho bevuto una coca e mezzo litro d’acqua. Invece Barbara che abitualmente beve come una spugna e predica “un litro ogni dieci chilometri” stavolta ha perfino diviso il suo mezzo litro d’acqua con la piccola Tequila! Nulla deve stupirci delle donne.

Il giorno successivo Lui (Chicco) ed io abbiamo arrampicato un po’, approfittando in minima parte della sconfinata presenza di falesie. Con molta prudenza abbiamo “assaggiato la pietra” su brevi tiri di 15 o 20 metri, effettivamente è un calcare abbastanza impegnativo, anche quando sembra appigliato ti dà da pensare un po’ ad ogni passaggio. Ma Lui è una vecchia volpe dell’arrampicata e sa valutare e scegliere i tiri adeguati alla voglia e alle forze del momento.

Poi nel pomeriggio ci siamo di nuovo riempiti gli occhi di Verdon percorrendo in auto l’intero anello della Route des Cretes che avevamo iniziato a piedi il giorno prima. Verso sera abbiamo faticato abbastanza per trovare dove dormire col camper, nei paesini sul lago il pernottamento dei Camper era proibito.

Il giorno seguente è stato dedicato al ritorno, un piccolo contrattempo ha movimentato la giornata distraendoci dalla tristezza del ritorno. Quando siamo quasi al Colle del Monginevro alcune auto ci dicono di tornare indietro perché c’è stata una frana e la strada è chiusa. Torniamo al fondovalle e risaliamo l’altra valle che porta al Colle della Scala dove però ci aspetta un’altra sorpresa: un cartello avverte che l’altezza massima è di tre metri, ma noi non sappiamo quant’è alto il camper. Altri camper condividono il dubbio nostro, alcuni tornano indietro, altri aspettano… ma noi andiamo avanti speranzosi. In effetti ci sono, subito dopo il colle della Scala, due brevi gallerie scavate nella roccia, davvero bassine… , ma si passa senza problemi, e il camper è 3,10 mt. 

"Audaces fortuna iuvat" , la fortuna aiuta gli audaci.